La nuova competenza
Può l’essere contemporaneo pensare che nella vita non ci siano sorprese o situazioni inaspettate da gestire? La strada da percorrere è sempre definita?
Le risorse da mettere in campo per sopravvivere o per avere successo sono prescritte o in ogni momento occorre inventarsene di nuove?
Ogni persona, ogni professionista deve confrontarsi con situazioni e scenari sempre più inaspettati e imprevedibili. Questa stessa capacità è la competenza delle competenze.
Nello stile della ricerca antropologica mi sono messo in gioco e ho avviato 16 mesi fa una sperimentazione su di me sul tema della gestione dell’inaspettato. Ho chiamato questa sfida Dealing with the Unexpected con enfasi sul tema dell’allenarsi all’inaspettato.
Ho deciso di improvvisarmi pilota professionista, partecipare e concludere tre rally del Mondiale utili per poter qualificarmi e partecipare alla Dakar, la gara motociclistica più dura del mondo. Ho ritenuto questa una sfida al limite su cui potermi impegnare visto che da sempre questa gara e questo sport sono stati un mio desiderio inespresso.
La sfida con alti è bassi ha raggiunto un primo risultato. A gennaio 2023 sarà uno dei 100 piloti che parteciperà alla prossima Dakar. Nelle righe successive racconto gli apprendimenti fatti fino ad ora.
Cosa ho imparato in questo primo anno di preparazione
Non sono partito da zero perché fuori stradista lo sono sempre stato, ma mai ho partecipato a gare internazionali e di livello mondiale. Era anche da anni che non ero preparato fisicamente come un atleta e quindi in grado di portare il mio corpo a stress e performance di un certo tipo.
I primi sei mesi di lavoro sono stati indispensabili per costruire un minimo di competenze e preparazione tecnica, così come di allenamento psicofisico. Ho quindi partecipato a due rally del mondiale, uno in Andalusia e uno più duro in Marocco, indispensabile per poter accedere alla Dakar, la gara motociclistica più dura al mondo.
Facciamo un primo bilancio generale di questo allenamento con l’inaspettato.
Cosa è successo e cosa ho imparato durante la preparazione e quali effetti ho riscontrato nella mia vita personale e professionale? Ecco un elenco di benefici raccolto in questi mesi.
Allenare il corpo migliora la salute
Ho smesso di fumare, ridotto del 90% gli alcolici e diminuito la glicemia eliminando i carboidrati a base farina 00 e gli zuccheri. Ho abbassato il colesterolo, che è sempre stato un mio problema, ed eliminato tutte le infiammazioni articolari e muscolari che mi hanno sempre caratterizzato. Infine, ho recuperato il sonno notturno e in generale il benessere psichico dato dalla continua immissione di endorfine nel corpo.
Work life balance
Il tempo che si dedica tutti i giorni alla preparazione sportiva si pensa venga tolto a famiglia e lavoro. In realtà ho aumentato la produttività e la focalizzazione nel lavoro a scapito di disorganizzazione e tempi morti dedicati ad attività che prima non selezionavo. Il tempo dedicato all’attività sportiva mi ha maggiormente allineato anche con il tema del work life balance e del riequilibrio del tempo dedicato al lavoro rispetto alla famiglia. Ho ripreso a praticare la buona cucina, ho curato il riposo e necessariamente ho aumentato per assurdo anche il tempo dedicato alla mia famiglia. Avere un secondo obiettivo oltre a quello lavorativo diventa un pratica che regola con equilibrio anche la tua attività principale.
I sogni sono contagiosi
Un tuo grande obiettivo impatta prima che su di te sugli altri. Dichiarare ai propri famigliari, conoscenti e amici che si sta perseguendo un grande e sfidante obiettivo incide indirettamente nell’immagine che gli altri hanno di noi. Se in una prima fase prevalgono gli atteggiamenti diffidenti e si viene incasellati nella categoria dei matti sognatori, poi mano a mano che vi avvicinate all’obiettivo vi trovate una serie di persone vicine o anche lontane che vi seguono, vi appoggiano, vi sostengono come esempio da perseguire.
In realtà dichiarare una sfida importante diventa uno stimolo motivazionale per tutte le persone che vi conoscono, così che ciascuno per il suo sarà in qualche modo condizionato positivamente dall’esempio. Vi vedranno lavorare intensamente su un vostro sogno e così facendo aumenterà la vostra reputation personale agli occhi del mondo.
Qualcuno continuerà a dire che vi vede “offuscato” dalla vostra passione. Ma il termine evoca una monomaniacalità che è fondamentale in tutti coloro che perseguono un risultato specifico. Starà a voi trovare le giuste parole per far comprendere al mondo che avere obiettivi straordinari è un modo per continuare a evolvere e sperimentarsi come individuo. Cosa sia questo offuscamento forse non lo saprete mai, ma la cosa importante è che migliori il vostro viaggio nella vita e quello delle persone che amate.
Un grande obiettivo, tanti piccoli badge
Le attività da realizzare per essere pronti alla grande sfida sono tanti. La prima cosa è mettere in fila le skill: mangiare bene, potenziare il corpo, imparare a salire le dune, imparare riparare la moto, sapere bene l’inglese e un po’ di francese, imparare la navigazione con gli strumenti, etc. Sono tante le skill da sviluppare e ciascuna necessità di esperienze, pratiche e studi specifici. Tante le competenze, tanti i micro-obiettivi.
Il programma va quindi scomposto in tanti piccoli badge da ottenere lungo il percorso. Dividere l’obiettivo è fondamentale perché consente di pianificare il lavoro senza inutili stress e di impostare anche un sistema di gratifica a piccoli passi, utile a ingannare il cervello spesso offuscato dall’impatto generale dei tanti problemi da risolvere. Ogni obiettivo è così un risultato raggiunto con le sue osservazioni le sue analisi, i suoi apprendimenti e le sue soddisfazioni.
La tecnica è fondamentale anche per gestire la fatica durante la gara, così da ingannare la nostra mente che spesso rifiuta la fatica e che invece con piccoli obiettivi da raggiungere e riprogrammare diventa più collaborativa.
Questo lavoro mi sta insegnando a gestire lo stress e a pianificare meglio obiettivi sfidanti, soprattutto nella gestione della mia impresa. Devo ringraziare per queste analisi il lavoro di mental coaching che sto facendo con Angelo Carnemolla, il mio collega responsabile del training di Zeranta, che sta sperimentando su di me diversi meccanismi motivazionali e gestionali dello stress.
L’impresa di un uomo è sempre la sfida di una squadra
Ho visto perdersi per strada amici che hanno commesso l’errore di andare in solitaria e di non allearsi con qualcuno, oppure non hanno avuto l’umiltà di dichiarare la propria inesperienza per raccogliere un consiglio in più. Scegliere il team o gruppo di lavoro è fondamentale. Ogni sport in solitaria necessita, a maggior ragione, un team di lavoro, dove la preparazione non è scontata. Lavorare in team, decidere di investire risorse e tempo negli altri può rappresentare il punto di svolta.
Gli altri non fanno a te un regalo se non li coltivi. Nello sport come nella vita vale la regola del contraccambio: io do una cosa a te e tu dai una cosa a me, ma conviene sempre fare il primo passo con verità e spirito di gratuità. Ho sperimentato per l’ennesima volta il valore dell’economia del dono unito alla condivisione del tuo progetto. Bisogna sempre chiedersi cosa del mio progetto può essere utile agli altri. Dietro questa preventiva domanda c’è la possibilità di motivare e coinvolgere un team di valore.
In questo anno ho creato una squadra che mi ha aiutato a crescere in termini psicofisici e qui ringrazio Pino di Ionna di Self Coerence, il mio nutrizionista Francesco Cagnazzo, Marco de Angelis di Fisioequipe e Angelo Carnemolla psicologo sportivo che mi hanno aiutato prima, durante e dopo la gara con semplici ma efficaci consigli. Insieme a loro tre abbiamo sperimentato importanti tecniche di sviluppo del potenziale e di gestione dello stress utili anche al contesto manageriale in cui operiamo professionalmente. Quanto sperimentato su di me lo stiamo già applicando allo sviluppo manageriale dei nostri clienti.
Dal lato tecnico, un grande lavoro è stato fatto con il Solarys Racing Team, l’unico team italiano a mio avviso in grado di muoversi con professionalità in ambito internazionale. Un grande ringraziamento anche ai suoi piloti professionisti Jacopo Cerruti e Paolo Lucci che mi hanno trasferito tante tecniche e trucchi di navigazione e di gestione della gara. Inoltre, Gianluca Celestini, con la sua scuola di MX, mi sta aiutando ad acquisire tecniche di guida fondamentali ed è un grande compagno di viaggio in questo progetto. Infine, non posso non pensare al mio vero mentore, colui che ha riattivato il sogno e che è diventato amico e compagno di viaggio: Tiziano Internò di Rally Pov.
Le prime gare: il confronto con la realtà
Poi sono iniziate le prime gare, nelle quali ho imparato tante cose pratiche relative a una competizione internazionale: come navigare, come gestire le energie e regolarle per diverse ore, etc. Ma su questi temi così tecnici non credo di aver nulla da insegnare a nessuno, le riflessioni per gli addetti ai lavori non sarebbero nulla di nuovo, mentre per chi non fa rally nulla di particolarmente interessante. Al di là delle riflessioni tecniche è l’ascolto della mia mente e del mio corpo che mi ha fatto comprendere nuove possibilità per la mia macchina mente-corpo.
Il grande apprendimento: trasformare la frustrazione in nuove energia
Il grande sapere mi è invece arrivato dall’incontro con ciò che non era pianificato, con l’inaspettato appunto.
Proprio in questi giorni ricorre un anno dalla decisione di partecipare alla Dakar.
Ho imparato tantissimo. Non finirò mai di consigliare a tutti i miei amici clienti: cercatevi e createvi situazioni dove avete un controllo solo parziale del successo, perché solo così potrete crescere.
L’obiettivo del progetto, partecipare alla Dakar 2022, non è stato raggiunto. All’ultimo non sono stato scelto dall’organizzazione nonostante mi fossi qualificato.
Mi è stato detto che la mia performance non era ancora a livello per poter partecipare a questa competizione, cambiando la prassi che vedeva nella conclusione di un rally come quello del Marocco una condizione essenziale e sufficiente per poter partecipare.
Prima ancora, nel mese di luglio, ho fatto un frontale moto/ macchina durante una gara che in altri tempi mi avrebbe steso. Sembrava tutto svanito ma un mese di duro lavoro e la determinazione non mi hanno fermato se non per pochi giorni.
Un’esperienza questa che troviamo nella realtà. Una regola, un contesto predefinito, uno scenario su cui avevamo confidato non si determina. La frustrazione spesso prende il posto della delusione e diventa un freno definitivo all’evoluzione. Non è stato facile ma questo processo alchemico di trasformazione delle emozioni negative in un immediato status di resetting degli obiettivi credo sia oggi fondamentale per una persona e per un’organizzazione.
Prendere un’emozione negativa che rischia di bloccare il nostro sistema mentale e morale e cestinarla subito. Rifocalizzare tutte le energie in un nuovo programma senza scaricare sugli altri la colpa e nemmeno le frustrazioni. Fa parte della sfida anche il fattore esterno, che non possiamo controllare. Anzi, l’unico modo per controllarlo è accettarne l’esito e accettare l’impotenza nostra a fronte del caso o dell’inefficienza altrui. Capire che tutto è apprendimento.
Viviamo in un mondo complesso e quindi fluido, dove non possiamo restare legati emozionalmente e sentimentalmente alle nostre pianificazioni. Si deve pianificare ma allo stesso tempo e con grande velocità si deve essere in grado di riprogettare in continuazione alla luce degli eventi esterni.
Non aver paura di fallire una seconda volta: essere ostinati con leggerezza
Necessariamente dobbiamo darci obiettivi sempre più importanti e il primo fra questi è riproporsi la sfida di raggiungere una conquista che ci è sfuggita di mano. Non aver paura di riprovarci e perdere nuovamente. Così, dal 1 di gennaio ho ripreso ad allenarmi con un nuovo chiaro goal: ritentare l’iscrizione alla Dakar 2023.
Non è stato facile vincere la paura di non farcela per una seconda volta.
Il 4 marzo ho così partecipato alla prima gara del mondiale rally del 2022, l’Abu Dhabi Desert Challenge, una gara tutta di sabbia. Una competizione difficile che mi ha obbligato a intensificare gli allenamenti e la progettazione. Una gara dove partecipano prevalentemente professionisti e arrivare in fondo non è semplice.
L’esperienza del rally di Abu Dhabi è stata fondamentale. Siamo partiti in 42 piloti, di cui 36 professionisti. Ognuno di loro mi ha sin dall’inizio detto che ogni tappa sarebbe stata molto più difficile di una singola tappa della Dakar, per le caratteristiche del territorio, con dune alte anche 500/600 metri molto morbide con la presenza di buche giganti che una volta prese ti bloccano la moto…e in un attimo finisce la gara.
È stata un esperienza pazzesca. Io le chiamo esperienza IN/OUT o la va o la spacca. Credo che a volte si debba avere il coraggio di affrontare i propri mostri. Quando avevo corso il Rally del Marocco nell’analisi dei dati – cuore, variabilità delle frequenza cardiaca , parametri di stress – era emerso come l’affanno fosse arrivato prevalentemente dai tratti sabbiosi. Quello era il mio grande limite. Così mi sono organizzato e allenato per risolvere quel grande gap. Durante la settimana di gara, giorno dopo giorno, ho prima vinto la paura e poi assunto l’esperienza di lettura del terreno e del mio corpo per affrontare quello specifico territorio. Ora è il territorio che preferisco. Dune non vi temo più. Il mio nemico è ora mio amico.
The ultimate goal: L’energia vitale
Ora che sto riprendendo gli allenamenti in maggior numero, intensità e metodo mi rendo conto che questo progetto è quasi un secondo lavoro. Il mindset è lo stesso del mio primo lavoro. La domanda che mi pongo è: cosa ci guadagno e dove trovo le energie?
In termini economici apparentemente è una perdita anche se ritengo che la qualità della mia azione imprenditoriale stia migliorando grazie a questa esperienza: ho maggior fiducia in me, delego maggiormente al mio team, di conseguenza restituisco a loro più valore e sento che le persone crescono più velocemente.
Dove trovo allora le energie per continuare ad adempiere a tutte le mie responsabilità?
La risposta è nell’energia vitale, ovvero quella precondizione da cui tutto dipende.
Quella sensazione che ci fa svegliare la mattina con impeto e non trascinati, quella forza interiore che ci fa affrontare tutte le fatiche e gli stress del mondo.
L’energia che emerge quando ci sentiamo persone vive, realizzate e in grado di dominare il nostro destino con un appagamento che non necessita della conferma degli altri ma che deriva semplicemente dall’essere coscienti di essere speciali.
La mia energia vitale arriva dal bisogno di partecipare a progetti extra-ordinari, dalla necessità di sfidarmi in territori inesplorati. Non è così per tutti, ognuno deve però comprendere qual è la propria fonte, così da poter avere la forza per affrontare qualsiasi situazione inaspettata con il sorriso sulle labbra.
Viva quindi la fonte dell’energia vitale, qualunque essa sia!
Nei prossimi mesi racconterò nei canali Facebook, Instagram e Youtube la mia preparazione, così da accompagnare le persone interessate a questi ragionamenti dentro all’esperienza. Sarà un periodo di lavoro intenso ma emozionante, per costruire al meglio la mia partecipazione alla Dakar 2023.
Chi volesse partecipare in qualsiasi forma o modo al progetto e fare un suo percorso insieme a me può inviarmi una mail all’indirizzo jgiraldi@zeranta.com